Gabriele Magagnini
I DUBBI DELLO STORICO SERGIO BECCACECE SULL' "ORTO DELL'INFINITO"
Lo storico recanatese, dott. Sergio Beccacece, avanza dubbi sul fatto che quello che oggi viene chiamato “Orto dell’Infinito” fosse quello dove Giacomo Leopardi amava passeggiare e su come la pensasse a proposito di orti e giardini. Beccaccece da sempre si è posto tali domande e soprattutto dopo la conclusione dei lavori nell’Orto sulla sommità dell’Ermo Colle e, a suo dire, tale spazio trasformato con alberi da frutto, ortaggi, fiori e alcuni filari di vite, non sembrerebbe rispondere pienamente alla natura storica del posto. Ricorda lo storico locale che il luogo prima si chiamava Monte Tabor, pieno di piante di acacia e rovi sin quando, successivamente, per il primo centenario della nascita del Poeta, il Prof. Patrizi lo chiamò Colle dell’Infinito e, nel 1937, il Podestà Piccinini fece sistemare l’area in parco pubblico e da allora divenne “Colle dell’Infinito”. Il giudizio del Beccacece: <<sono sfavorevole a tali cambiamenti ed ora è un luogo mussoliniano come il CSNL che volle e finanziò Mussolini>>. Sulla questione dell’Orto dell’Infinito lo storico ricorda come <<l’on. Franco Foschi nelle memorie del monastero di santo Stefano, nella prefazione scrive che il Poeta “forse” si soffermava a riflettere sull’infinito e “forse” ispirò Leopardi. Suor Camilla Lazzarini nel suo memoriale del 1609 scrive che aveva conosciuto le prime quattro suore. Per capire com’era questo orto: il sacro convento fu costruito nel luogo dove nel ‘300 c’era la chiesa parrocchiale di Santo Stefano al posto dell’orto. Nel 1532 fu aperto il convento. L’Orto ai tempi aveva 100 alberi da frutto. Perciò non era un orto ma un boschetto. All’epoca di Giacomo era abbandonato e desolato ricettacolo di mattoni di scarto dell’edilizia. Nell’orto c’erano stradelli. In qualche titolo di giornale si legge Mattarella inaugura L’orto di Leopardi, ma in realtà non lo era. Lo Speziali nella sua guida dice che per accedere al colle vi era due vie: questa del sacello dove c’era una casa colonica e un aia con libertà di passaggio, Oppure da santo Stefano. Lo Spezioli non parla della frequentazione dell’orto>>. Su cosa pensasse Il Poeta degli orti e giardini il Beccacece ha continuato spiegando che il Leopardi nello Zibaldone scrive che “il giardino è luogo di patimento e sofferenza“ e che, probabilmente, la zona dove si fermava per contemplare il panorama, era sul finire dello stradello che costeggia il sacello leopardiano. Quindi Sergio Beccacece, per rispetto del Leopardi suggerisce di cambiare nome in “Orto della sofferenza” perché chiamarlo “Orto dell’Infinito” è un errore storico. Poi una critica sullo stato di incuria del sacello per via dell’erba alta e la porta del CSNL chiusa a livello della strada. Un disagio per i disabili o chi è in difficoltà di deambulazione che per entrare devono salire i gradini.
