Gabriele Magagnini
LA LUNGA RIFLESSIONE DI MASSIMILIANO GRUFI
<<Ho riflettuto molto su questo mio intervento perché comprendo che possa avere un peso, seppure minimo, nelle dinamiche che portano al voto amministrativo per l’elezione del Sindaco della nostra città. Alla fine ho semplicemente ritenuto di fare quello che ho sempre fatto: rimanere me stesso. Ringrazio innanzitutto i cittadini che hanno creduto in me ed hanno sostenuto i tanti candidati che si sono presentati nelle quattro liste di appoggio alla mia candidatura, UdC – Costituente Popolare – Forza Popolare e Progetto Recanati.
Un ringraziamento a tutto il gruppo che ha condiviso questa bella avventura ed alla mia famiglia. Il nostro messaggio è stato chiaro dal principio, legato ad una libertà di pensiero e di azione che nel programma ha trovato la sua esplicitazione, ma soprattutto nella condivisa necessità di ‘voltare pagina’ rispetto ad un modo di interpretare il potere che non possiamo condividere. Il ‘metodo’ è stato l’aspetto centrale del nostro messaggio e in tutte le occasioni ho rimarcato con tutta la determinazione possibile come fosse necessario immaginare una democrazia diversa, essenzialmente ‘vera’ e non relegata alle parole di chi se ne appropria solo in determinate fasi elettorali per svilirla una volta giunto al potere.Non avevamo nulla da offrire o da promettere ai cittadini ‘interessati’, ma solo un buon sistema di governo e la serietà di una proposta amministrativa presentata ad ogni singolo cittadino che avesse a cuore la nostra comunità. Non ho potuto contare sull’appoggio esplicito di alcun imprenditore locale, di alcun centro di potere più o meno occulto, di centri di interesse, sui quali qualcuno ha invece potuto fare conto, che tanto hanno fatto in questo passaggio elettorale per spostare voti in funzione di un ballottaggio interessato. Forse, infine, sono rimasto vittima di qualche gioco poco nobile. Avevo solo idee, progetti, determinazione, volontà, trasparenza, forse esperienza amministrativa da mettere al servizio della comunità e soprattutto l’onestà intellettuale che mi permette da sempre di dire ciò che penso. Questa campagna elettorale non ha visto un voto libero. Parlare di democrazia in relazione a questa esperienza è risibile, direi esilarante. Ma questa analisi adesso non serve. Occorrerà però riflettere e non poco sul futuro democratico di questo paese, nel quale la politica – almeno la maggior parte di essa – preferisce avere un suddito o uno schiavo dipendente e ‘grato’ quindi sempre servile piuttosto che un cittadino libero da qualsiasi forma di pressione sociale, economica e culturale. Preso atto di ciò, bisogna tenere conto della sconfitta. In termini assoluti il risultato ottenuto non ci soddisfa, nonostante avessimo la consapevolezza dei numeri e delle nostre possibilità (base elettorale amministrazione uscente, Lega, M5S, PD assai più rilevante). Il risultato da me atteso era però un altro e in parte ho cercato di indicare – seppure velocemente – le ragioni che hanno condotto a numeri diversi da quelli sperati.
In termini relativi, abbiamo tuttavia confermato e rafforzato, con la nostra azione, una base di matrice popolare che riteniamo importante nel percorso di costruzione del soggetto politico di cui ha bisogno il nostro paese e la nostra comunità. Questa è la prima riflessione da fare.
Mi piace ricordare Aldo Moro - che insieme a Don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi rappresenta uno dei padri del popolarismo italiano - e il suo ‘testamento politico’ dal quale emergono gli obiettivi che a distanza di anni rimangono validi: realizzare in Italia una «democrazia integrale»; riallacciare i rapporti interrotti tra la politica dei partiti e la società civile; rifondare e adeguare ai nuovi tempi il popolarismo sturziano. In questo contesto tocco i primi due aspetti. Per quanto riguarda il primo, cito testualmente:
«Il primo è il dialogo, il contatto con gli altri, il rispetto dell’altrui libertà, dell’altrui pensiero, dell’altrui volontà. [...] Ma il senso della democrazia integrale è anche nel fatto che c’è una società la quale vuole essere tutta liberata, liberata da ogni condizionamento [...]: dal bisogno, dall’ignoranza, dall’umiliazione» (discorso del 28 aprile 1967).
In merito al secondo aspetto Moro rilevava già all’XI Congresso della DC (29 giugno 1969) come la società «ha risolto alcuni problemi essenziali, ma ne vede emergere ogni giorno di nuovi in relazione a più complesse esigenze; ha raggiunto importanti traguardi sociali e politici, ma registra ad un punto la rottura del vecchio equilibrio e l’emergere in modo acuto della necessità che se ne stabilisca uno diverso ed a più alto livello. Un tumulto di rivendicazioni e di aspirazioni insoddisfatte la scuote nel profondo».
La politica di questi anni si è dimostrata incapace di comprendere le vere esigenze del popolo e di individuare le soluzioni più appropriate per rispondere alle diverse problematiche di carattere sociale ed economico che hanno attraversato il paese. Questo ha allargato le differenze tra le persone e le famiglie, soffocato le aspirazioni, aumentato le diseguaglianze, mortificato le speranze e amplificato i timori e le paure di una popolazione ‘stanca’. Ha, infine, inasprito il clima e rigenerato le condizioni perché la società tornasse a dividersi anche sulle cose fondamentali che faticosamente avevamo conquistato come paese democratico, contribuendo a favorire la nascita o l’ascesa di forze politiche populiste.
Come diceva Moro, sarebbe nefasto non rimettersi all’ascolto del nuovo che fermenta nella società civile, non cogliere la domanda di nuovi equilibri, che da essa viene.
Occorre pazientemente tessere un nuovo «patto sociale» fra tutti i cittadini di buona volontà, a partire da quei comuni valori di convivenza civile che sono garantiti dalla nostra Costituzione. È necessario realizzare una sorta di nuova «costituente», non giuridica ma etico-culturale. Bisogna analizzare le ragioni del voto – anche nel contesto nazionale ed europeo, capire i propri errori nell’azione politica ed operare diversamente se si ritiene di non condividere quella che è stata sempre e comunque una espressione della volontà popolare.
Non credo che attualmente ci sia un soggetto politico in Italia in grado di ‘raccogliere’ queste sfide, né una coalizione in grado di rappresentarne davvero il valore profondo.
Questa è la ragione per cui diventa necessario ‘ritagliarsi’ uno spazio per provare a cambiare questo paese. Per questo è necessario un lavoro paziente, lungo, disinteressato.
In questa prospettiva ‘accolgo’ positivamente l’apparentamento della lista Costituente Popolare con il candidato sindaco Simonacci. Lo strumento tecnico dell’apparentamento potrà infatti garantire l’elezione di un consigliere comunale. E’ poi nota la vicinanza dell’UdC e Forza Popolare (espressione di Forza Italia) che nel contesto nazionale sono dentro il percorso del PPE. Sono altresì rispettoso delle diverse sensibilità che nelle diverse liste intendano sostenere l’uno piuttosto che l’altro candidato sindaco. Devo infine accompagnare le considerazioni precedenti ad un’altra che riguarda la mia persona.
Ho con onore rappresentato la mia coalizione ed alla luce del risultato ritengo di non dover partecipare ad alcun governo cittadino, non essendo inoltre disponibile ad alcun incarico esterno. Questo è quanto ho detto da subito ai due candidati sindaco che mi hanno raggiunto. Ho inoltre da subito comunicato agli amici che in caso di apparentamento con il candidato Simonacci - che avrebbe fatto scattare un consigliere comunale in capo al sottoscritto - avrei rinunciato da subito in favore di una persona che avesse inteso rappresentare le nostre idee, anche per favorire un ricambio necessario. Infine, incontrando il candidato Simonacci ho compreso come in futuro potremo anche lavorare perché si creino le condizioni volte alla costruzione del soggetto popolare sopra agognato, ma - per quanto mi riguarda - in uno spazio alternativo alla sinistra e nel contempo distinto e distante dalla destra rappresentata da questa Lega, di cui non condivido pensiero ed azione.
Ringrazio le tante persone che negli anni di amministrazione mi hanno dato molto in termini umani. Il mio impegno continuerà in modo diverso, libero e fedele alle cose in cui credo>>.
